mercoledì 5 dicembre 2012

Canto Prenatale. La preparazione alla nascita in musica



                                                          di Elisabetta Ciancaleoni


Il canto prenatale è una preparazione alla nascita che si rivolge alla mamma ed al suo bambino e lavora per stabilire una relazione materno-fetale più consapevole, equilibrata e serena.
La gravidanza, la vita prenatale, sono un periodo unico nel quale  mamma e bambino sono costantemente impegnati nell' intessere  un dialogo continuo, denso  di messaggi corporei, psichici ed emozionali.
Attraverso l’utilizzo del suono e della voce si realizza una comunicazione non-verbale che stimola lo sviluppo strutturale e funzionale del sistema nervoso del nascituro, la voce della madre, infatti, costituisce uno stimolo sensoriale e neuroaffettivo di estrema importanza, capace di lasciare un’impronta indelebile sulla struttura nervosa in formazione del bambino.
I sentimenti e le emozioni della madre si trasmettono al  bambino attraverso  vie ormonali ed empatiche ed influiscono sullo sviluppo della sua personalità e sul suo benessere, in particolare le emozioni positive si trasmettono al bambino nella forma di un benefico flusso di endorfine.
Da un punto di vista corporeo il canto aiuta la mamma a :

- ampliare il respiro  regolarizzandone naturalmente il ritmo

- gestire il movimento diaframmatico, migliorare l'ossigenazione corporea

- liberarsi  dai sintomi dello stress


Negli incontri di preparazione alla nascita di Canto Prenatale la mamma impara ad usare la voce  come mezzo di comunicazione e trasmissione degli stati affettivi, scopre il piacere di cantare per il suo bambino, contribuendo così al suo sano sviluppo. La respirazione ampia e regolare, necessaria al canto, distende il tono muscolare materno, le vibrazioni prodotte dalla voce operano sul bambino  un benefico massaggio.
La ricerca di “ninna nanne”, filastrocche e nenie da cantare - raccontare al bambino, unisce mamma e bambino nella costruzione di un bagaglio sonoro comune  per prendersi cura del piccolo prima e dopo la nascita.


Le attività svolte all’ interno del corso di canto prenatale prevedono:

-  Distensione corporea per il rilascio delle tensioni muscolari
- Vocalizzi mirati all’esplorazione delle zone di risonanza del corpo
- Massaggi sonori attraverso l'ascolto ed il canto
- Esercizi sulla respirazione per permettere l’ampliamento e il controllo del diaframma
- Canto di brani scelti secondo la loro capacità di rilassare o attivare, comprensione della loro portata    emozionale e immaginativa;
- Costruzione di un repertorio di ninne nanne, filastrocche e  canti per bambini
- Rilassamento guidato con brani musicali scelti.

Gli incontri di Canto Prenatale hanno la durata di 1 ora, si consiglia abbigliamento comodo ed un paio da calzini pesanti.
Incontri presso la sede di Kerè in via Ho Chi Min 38 Spello.
Partecipazione su prenotazione al 3338255160- Elisabetta Ciancaleoni o info@elisabettaciancaleoni.it.




mercoledì 16 maggio 2012

CreareEssere in musica. Dove il Suono-Arte incontra la persona e la sua espressività

di  Elisabetta Ciancaleoni





È creativo colui che ha intuizioni, chi riesce a vedere cose mai viste prima da nessun altro,
chi riesce ad udire cose mai viste prima da nessuna altro, in questo caso vi è creatività.
Osho




Relazione al convegno  VALORIZZARE LE RISORSE PERSONALI E COMUNICATIVE PER UN PROCESSO DI  CAMBIAMENTO”  organizzato dalla A.S.L n. 3 presso la sala Alesini di Foligno. Marzo 2010.
 
Il seguente contributo pone la sua riflessione al ruolo  del musicale come  attivatore delle risorse personali espressive e creative, il contesto è quello dell’improvvisazione di gruppo all’ interno della programmazione degli incontri di musicoterapia.
In particolare esso volge il suo sguardo verso due ambiti: l’essere ed il creare, concepiti come micro-cosmi identificativi del  percorso compiuto dalla  persona  verso l’incontro tra il sé e la manifestazione della propria espressività.

Ogni proposta sonora di origine naturale, artificiale e strumentale crea nell’essere umano degli stati di attivazione, delle risposte  comportamentali, delle sagome gestuali che possono essere percepite  più o meno consapevolmente da chi le vive, ma che sono sempre e comunque reali.
Il suono, per esempio,  modifica la frequenza del  battito cardiaco, la profondità della respirazione, induce nuovi atteggiamenti posturali, cinetici, sensoriali,  che rendono manifesto quanto è stato vissuto dalla persona  a livello somatico e psichico.
La relazione suono-essere ha, per l’uomo, una caratteristica di circolarità, torna cioè al punto dal quale parte, l’individuo che si pone in relazione del suono da lui prodotto sia come ricevente che come emittente.
La per-sona è soggetto che suona-per  (Lowen): esso suona anche dentro di sé, mentre al tempo stesso si pone in risonanza con quanto lo circonda  e per mezzo di questa sua presenza sonora al mondo  materializza il suo stesso modo di esistere e di comunicare.
Attraverso  l’esperienza musicale recettiva, o attiva che sia, l’uomo sonoro costruisce senso con e intorno alla musica (Gino Stefani)  soddisfando la ricerca di significato posta al centro della sua esperienza esistenziale.
Creare ed essere si pongono su due piani strettamente interconnessi.
 Il primo è legato al dato tangibile della creazione musicale e artistica come realtà che prende forma nel fare.
Il secondo legato al nucleo profondo della persona, sede di desideri, istinti vitali, attitudini, e che proprio in questo creare, manifesta i tratti significativi della sua essenza.
Ma vediamo ancora più a fondo:
Il  creare è concepire l’evento musica  nella sua globalità ed anche scomporlo nelle parti che lo costituiscono, nel valore sinestesico sostanziato nella connessione con diversi linguaggi espressivi,non solo quello musicale, affinchè un suono prodotto ed ascoltato possa liberarsi, secondo associazioni individuali, in colori, odori, gesti, parole e dalla sua immaterialità possa così rendersi presente.
È vivere la musica  come elemento in grado di stimolare enormemente le risorse personali della persona,  in quanto capace di favorirne  l’espressione, la condivisione, l’organizzazione   e la manifestazione al mondo.
È fare musica non solo attraverso gli strumenti musicali, ma anche con la voce-parola,  il corpo, il segno grafico, il gesto, perché in primis è la persona nella sua globalità espressiva  : una nella molteplicità dei suoi linguaggi. Creare come affermare al mondo la propria esistenza,   e rinnovarla per mezzo di un prodotto, (pensiero- emozione) che diventa forma e che rappresenta il ricordo di quell’atto creativo primo che è stato la nostra venuta al mondo. 
L’essere
Rappresenta tutti i percorsi che la  persona compie verso se stessa e all’incontro con se stessa, secondo il manifestarsi nella propria unicità.
Vie soggettive che vedono la centralità dell’uomo che nel suo processo creativo è singolare protagonista, in grado, inoltre di accogliere, comunicare e creare a partire dalla musica che emette e riceve su di sé.
L’essere si sostanzia in una nuova concezione del materiale sonoro come luogo e occasione d’incontro della persona con la sua autenticità, ambito di un nuovo sapere di sé e delle proprie potenzialità e quindi terreno fertile all’evoluzione personale in quanto ogni nuova conoscenza, aggiungendo sempre qualcosa di più al proprio stato ne rappresenta la concreta evoluzione.
Dunque ogni manifestazione  creativa della persona, è un atto unico e irripetibile, è la sua voce, è il suo dire al mondo: “ IO CI SONO” .
Qui è la rinascita. Nel momento in cui noi affermiamo al mondo che ci siamo, ogni atto creativo che compiamo ci permette di ri-essere, mostrando nuovi aspetti di noi, a volte orizzonti ampi e non considerati.

Tutto questo è essere e creare  in musica.


Bibliografia
AA.VV. a cura Ricci Bitti P.E., Regolazione delle emozioni e arti terapie, Roma, Carocci editore 1995
Bence Léon-Mereaux Max, Musicoterapia trad. it. Anna Conciato, Milano, Xenia Edizioni 1990, (ed. orig. Musique pour guérir, Francia, Editions Van De Velde 1988).
Cremaschi Trovesi Giulia, Musicoterapia. Arte della comunicazione, Roma, Magi edizioni 20072
Imberty Michel a cura di J. Tafuri, L. Callegari, Suoni emozioni significati, trad. it. Johannella Tafuri-Laura Callegari, Bologna, Clueb 1986, (ed. orig. Entendre la Musique. Semantique psycologique de la musique, Paris, Dunod 1975).
Lowen Alexander, Bioenergetica trad. it. Lucia Cornalba, Milano, Feltrinelli 2004, (ed. orig. Bioenergetics, New York, Coward, McCarin and Geoghen, Inc. 1975).
Osho, La Creatività, Ed. Riza, 2005.
Scardovelli Mauro, Dialogo sonoro, Bologna, Cappelli Editore 1992.
Gino Stefani, Luca Marconi, Il senso in musica:antologia di semiotica musicale, ed.Clueb, 1987.
















.

domenica 1 aprile 2012

Il Suono del silenzio,musicoterapia e autismo.


                                             


di Elisabetta Ciancaleoni

estratto relazione al convegno " Le buone prassi nei centri socioriabilitativi: tecniche innovative a confronto" La Tre coordinamento servizi sociali Asl n 3.



Dal punto di vista storico la musica come terapia è insieme antica e recente : ha radici profonde e diramazioni sempre in aumento, lo sviluppo della musicoterapia come professione iniziò quando fu sperimentato il potere della musica come modulo espressivo.
Questo potere risiede nella natura intrinseca della musica e nella  sua concordanza con i sentimenti umani, le emozioni,  i modi di essere. 
Tale concetto si ritrova nella letteratura degli egiziani, negli scritti della Grecia classica, con Pitagora che stabilì che particolari intervalli musicali erano utili alla salute e con Platone che legò la musica al benessere spirituale, numerosissime  poi le storie ed i miti che ratificano una certa idea curativa della musica : nelle pagine bibliche David con il suono della sua arpa allevia il dolore di Saul,  Orfeo con la sua musica riusciva  a commuovere addirittura le creature dell’Ade.
Gli studi intorno all’utilizzo del musicale in ambito terapeutico si inaugurano nel 1950 quando un gruppo di musicisti professionisti iniziò a suonare negli ospedali e dirigere in quei luoghi cori e bande musicali.Quello che oggi è necessario è distinguere tra un effetto terapeutico fortuito della musica e l’uso conscio della musica come mezzo di trattamento.
La musica come strumento terapeutico ha il potere di cambiare il modo di funzionare dell’individuo.
La musicoterapia  utilizza quindi la musica come agente di cambiamento, per stabilire un rapporto, per alimentare crescita e sviluppo dell’individuo, per promuovere la realizzazione dell’essere, la musica viene cioè utilizzata consciamente per l’ottimizzazione dell’essere e del divenire.
Incontrarsi in un ambito musicale, costituendo un setting determinato ed organizzato, significa condividere qualcosa di molto profondo, emotivamente coinvolgente e ricreare, per mezzo di questi elementi, la nostra prima esperienza nella vita.
Anzieu d’altra parte definisce la nostra esperienza in utero con il termine di bagno sonoro.
Nella mt la prima esigenza è di rivolgersi alla persona attraverso il musicale, il fare musica da parte dell’altro può significare molte cose a seconda dell’obbiettivo terapeutico.
Le attività più comuni sono il creare, il ricreare, l’ascoltare musica.
La creazione di musica può comprendere la scoperta di suoni, l’improvvisazione attraverso gli strumenti musicali, la composizione e la notazione.
Ricreare può comprendere la riproduzione di suoni, l’ascolto della musica può comprendere il rilassamento, l’ascolto in movimento, l’immaginazione ed una moltitudine di altre attività.
La musica può essere ascoltata, vista o sentita, trasmessa, attraverso forme visive e sensazioni, può essere proposta unitamente ad altre forme artistiche.
La musicoterapia coinvolge  inoltre l’utilizzo completo di tutto ciò che è contenuto nella musica, comprese le vibrazioni  e le risonanze, tutte le manifestazioni di risposta nei confronti della musica e del terapeuta.
3. Autismo:linee guida dell’approccio musicoterapico

Dalla definizione dell’autismo del DSM IV e ICD 10 rileviamo la compromissione qualitativa dell’interazione sociale, della comunicazione verbale e non verbale, modalità di comportamento ed interessi  ristretti e ripetitivi.
Nel contesto della presa in carico globale della persona con autismo, si inserisce nel percorso riabilitativo anche la musicoterapia, disciplina che utilizza il non-verbale, crea contatti  e per queste sue caratteristiche, primariamente quella di essere indipendente dai parametri linguistici e culturali,  risulta avere notevoli potenzialità.
L’attività si configura come un intervento multidisciplinare di carattere umanistico,  è un metodo creativo che utilizza la musica in modo funzionale come strumento per destare,  accrescere ed espandere la consapevolezza di sé, degli altri e dell’ambiente. 
Il musicale,  elemento base dell’approccio, viene proposto nelle sue interconnessione con le arti e discipline quali la Pnl umanistica ed il Dialogo sonoro.
L’approccio umanistico permette di considerare l’essere umano come entità, dove il tutto è maggiore delle parti. La base teorica di riferimento ribadisce la centralità della persona,  sostiene che gli esseri umani hanno un potenziale interno molto superiore a quello che comunemente sviluppano.  Autori come Rogers e Maslow hanno affermato che dentro ogni essere  umano ci sono un po’ tutte le risorse necessarie alla sua evoluzione.Secondo questo approccio la crescita dell’essere umano può essere paragonata a quella di un organismo che tende per sua natura ad autorealizzarsi , necessita solo del terreno adeguato.
Il Dialogo sonoro è la tecnica di musicoterapia che  procede per fasi predeterminate.
Nella prima, per favorire la creazione del rapporto si ricalca la postura,  la fisiologia,  la gestualità, cogliendo lo schema energetico che soggiace una determinata manifestazione : si può infatti  per es. ricalcare un movimento con la voce, un vocalizzo con un gesto, questo fa si che il matching (o ricalco)  non sia una semplice imitazione, ma un procedimento più profondo in grado di cogliere quell’ aspetto nascosto che sta dietro: lo schema energetico temporale che soggiace l’agire e manifestarsi della persona.
 Il ricalco ha due funzioni principali la prima è quella di comunicare all’altro che ci si trova nella sua stessa lunghezza d’onda,  la seconda è quella recuperare informazioni provenienti  non solo dal canale visivo ed uditivo.
Le fasi successive sono andare al passo (pacing) e condurre o (leading).
Nella conduzione si ha l’introduzione della novità ad opera del terapeuta che usa la sua creatività, empatia e partecipazione.
Ciò che avviene è quindi una sorta di lettura musicale dell’altro ( quasi egli fosse uno spartito musicale) ed una traduzione sonora del suo mondo.
L’intervento musicoterapico può modificare la comunicazione stereotipata dell’autismo attraverso la tecnica del tema con variazioni dove alcuni aspetti del materiale sonoro musicale dell’altro viene variato gradualmente pur mantenendo un grado di riconoscibilità.
Da un lato ciò crea una base rassicurante, dall’altro pone i presupposti di un possibile cambiamento.
Attraverso l’elemento sonoro musicale  si ricreano le intense emozioni della relazione madre bambino:  l’elemento sonoro musicale  costituisce l’area transizionale all’interno della quale avviene la relazione e  con la sua funzione regressiva permette di incontrare la persona proprio dove essa si trova.
Nell’azione vera e propria del far musica  e di rispondere agli stimoli musicali l’individuo prova sensazioni immediate psicologiche e fisiologiche che si articolano sui diversi piani dell’essere. La realtà concreta del percepire attraverso l’udito, la vista,  il tatto, il movimento e le emozioni porta l’individuo nel presente ed apporta risultati immediati (Anderson 1977).
5. Finalità :obbiettivi  specifici del trattamento
La musica offre un’opportunità non verbale di creare contatti, ha il potere di coinvolgere il corpo su di un piano multidimensionale, pertanto può aprire nuove vie verso la crescita umana e personale.
In particolare attraverso di essa si può condurre la persona verso uno sviluppo ed un potenziamento del sé.
Il sé va considerato come il nucleo profondo di ogni individuo, sorgente di crescita, somma di tutte le costituenti della persona, corpo, attitudini, fattezze, abilità, desideri,  bisogni.
D’importanza cruciale per lo sviluppo del sé sono i rapporti sociali.
L’impiego del suono e della sua valenza affettivo-emotiva porta ad uno sviluppo comunicativo relazionale che passa attraverso diversi stadi di consapevolezza e presa di contatto con la realtà con ripercussioni sulle capacità comunicativo relazionali e di interazione sociale.
Inoltre si possono favorire  il benessere e l’autoespressione  come fine primo ed ultimo di ogni essere umano. 


Bibliografia

Mauro Scardovelli Il dialogo sonoro, Nuova Casa Editrice Cappelli, Bologna, 1992.

Kenneth E. Bruscia Definire la Musicoterapia - Percorso epistemologico di una disciplina e di una professione , Gli archetti, Ismez, Roma, 1993.

Rogers, C.R. La terapia centrata sul cliente, Martinelli, Firenze, 1970.

Maslow, A.H.Verso una psicologia dell'essere, Ubaldini, Roma, 1971.

M. Emerenziana D'Ulisse, Federica Polcaro Musicoterapia e autismo, Il Minotauro, 2000.

Didier Anzieu L'io pelle. Prospettive della ricerca psicoanalitica. Borla,2005.



lunedì 23 gennaio 2012

Apprendimento del linguaggio e sviluppo delle abilità musicali



Dagli studi condotti negli ultimi decenni da Fifer e Moon, da Shaidullah e Hepper, da De Casper e Spencer, da Marie Claire Busnell emerge che il bambino sviluppa la sua competenza linguistica già in utero dove percepisce non solo sonorità ma anche voci e parole, che rappresentano la stimolazione necessaria all’acquisizione del linguaggio. (Benassi )
Già dai primi mesi di vita il bambino inizierà ad avere esperienze di produzione vocale e sarà l’attenzione alle voci - parole - suoni dei genitori con la loro melodia, cadenza, variare d’intensità, a guidare il bambino verso le prime combinazioni di consonanti/vocali e allo sviluppo di una competenza prosodica che lentamente farà spazio a discorsi di suoni inizialmente incomprensibili. (Magnani 2000)
Gli studi che legano l’apprendimento del linguaggio alla musica riguardano anche l’area postnatale, il più recente è stato svolto da Jenny Saffran ed Erik Thiessen rispettivamente dell'Università del Wisconsin e della Carnegie Mellon University, in Pennsylvania, negli Stati Uniti ed è contenuto nella pubblicazione “The Neurosciences and Music - III, Disorders and plasticità”, fatta in collaborazione con la New York Academy of Sciences, in esso sono riportati oltre 60 lavori scientifici nel campo della neuromusica. I lavori sono stati presentati nell'arco dell'omonimo convegno organizzato a Montreal nel 2008 dalla Fondazione Pierfranco e Luisa Mariani sulla scia del grande successo delle due edizioni precedenti, a Venezia nel 2002 e a Lipsia nel 2005.
Dallo studio emerge che i bambini imparano prima a parlare se possono seguire una melodia, quest’ultima rappresenta infatti uno stimolo che permette loro di memorizzare velocemente le parole (e quindi parlare) e le melodie (e quindi amare la musica).  
Se la melodia ha le parole, i bambini la ricordano meglio. E se i bambini imparano una melodia, possono memorizzare con più facilità le parole che la accompagnano.
Le ricerche di Saffran e Thiessen si sono concentrate sull'ambiente sonoro in cui crescono i bambini, che sin dalla nascita è permeato di musica ed è dominato da un linguaggio diretto a loro chiamato “Infant Directed Speech” (in passato definito motherese, quella specie di lingua cantilenata che gli adulti rivolgono ai piccoli) e che utilizza un linguaggio semplificato e un tono leggermente più acuto.
Secondo Saffran e Thiessen i bambini imparano più parole e le memorizzano meglio se queste sono cantate, se sono in rima e fanno parte di una canzone. D'altra parte, i bambini ricordano più melodie se queste hanno le parole e se sono cantate.
Già in un periodo a cavallo tra l’800 e il 900 gli studi di Otto Jespersen[i] sulla comparsa del linguaggio parlato come mezzo di comunicazione tra gli uomini (studi che a quel tempo non avevano ottenuto troppi consensi) avevano individuato tra le ipotesi quella così definita del trallallà secondo cui “ le espressioni di gioia e perfino il canto sono alla base della produzione linguistica”.[ii]
Dietro a queste osservazioni c'è l'idea che la musica possa essere un mezzo per facilitare la codificazione di messaggi non musicali, come il linguaggio, e per stimolare i processi di attenzione dei bambini. La musica, quindi, potrebbe essere impiegata con successo per accelerare l'apprendimento dei piccoli.
Fin dalla nascita il bambino comunica, agli adulti che si occupano di lui, la sua presenza attraverso il movimento e la voce, quest’ultima, in particolare, rappresenta la principale attività volontaria, accanto al succhiare, e permette al bambino di attuare le sue “esplorazioni” sul mondo.
Inizialmente il bambino utilizza quella prima, ed innata, espressione  vocale che è il pianto, al fine di comunicare attraverso il suo corpo esigenze e stati d’animo e richiamare l’attenzione dell’adulto in attesa di una risposta.
Prima ancora che si articoli la parola (pertanto il comunicare con essa senso e significato), la voce si autoesplora come strumento  musicale: piccoli borbottii, gorgheggi, ‘nghè, uè, glissandi ascendenti e discendenti, sono solo alcuni delle innumerevoli sonorità che vengono esplorate.
Dal quarto mese la voce viene utilizzata come un gioco attraverso il quale ascoltarsi quando, per esempio, è nella culla al mattino, o farsi compagnia mentre sta per addormentarsi,“i primi balbettii del lattante sono prodotti da movimenti irregolari e apparentemente casuali di organi diversi (laringe, lingua, guance, labbra, velo  del palato) i cui risultati acustici sono imprevedibili. Pur non essendo in grado di produrre sequenze sonore provviste di significato, il bambino possiede fin dalla nascita, già tutti gli elementi per un corretto sviluppo del linguaggio :un udito attento, occhi curiosi e un apparato fono - articolatorio perfettamente funzionante.”[iii]
Quando ormai ha esplorato la gamma dei suoni possibili lo strumento è pronto a vibrare il articolandosi in un amalgama  di suono, canto e parola.
Nel suo saggio sull’origine delle lingue J. J. Rousseau afferma che il linguaggio e il canto nella società primitiva non sono soggetti ad una distinzione netta, in effetti basta osservare il bambino piccolo: il pianto del neonato, i lalismi dei primi mesi, sono canto. Alla parola si giunge tramite il canto.
Assistere a tutto ciò con gli occhi meravigliati di una mamma vuol dire sentirsi risuonare all’interno della propria laringe (che svolge qui una funzione di risonanza), è per questo che tante mamme rispondono a questi primi suoni del bambino imitandone anch’esse il suono o ripetendoli aggiungendo variazioni ritmiche e/o melodiche.
Questi scambi sono alla base del turn - talking[iv]  e del dialogo con l’adulto e consentono al bambino di acquisire i primi elementi del lessico e le sequenze sonore della lingua di appartenenza. (Magnani 2000)
Nel percorso di esplorazione e di maturazione vocale di ogni bambino la voce della mamma e quella del papà rappresentano il modello preferenziale di riferimento, la base esperienziale a partire dalla quale compiere le prime vocalizzazioni.

Benassi E. Il suono e la musica agli albori della relazione madre-bambino, in Educazione Prenatale, n° 1, Pavia, Editore Bonomi, 1996.
Benassi E., Musica e preparazione alla nascita, in Emozioni in musica, Progetto Uomo-Musica, Educazione-Animazione-Terapia-Ricerca, n° 9, Assisi, Edizioni Musicali Pro civitate christiana, 1996.
Benassi E., Partorire e nascere in musica, in La nascita come evento, Vita dell’infanzia, luglio/agosto 1996, anno XLV, n° 6, Roma.




[i] Jens Otto Harry Jespersen (Randers, 16 luglio 186030 aprile 1943) è stato un linguista 

glottoteta danese, specializzato nello studio della grammatica della lingua inglese

[ii] Silvia Magnani, Il bambino e la sua voce, Milano, Franco Angeli editore 2000, p. 166.
[iii]  S.Magnani, Il bambino e la sua voce, cit., pp .44-45.
[iv] Con questo termine si indica l’alternanza spontanea degli interventi dei partecipanti ad una 

conversazione.